Cent’anni di Bauhaus. Il design e le idee.

La semplicità (ossia la padronanza della complessità) è la regola aurea della buona progettazione

L’arte non è una professione. Non c’è alcuna differenza essenziale tra l’artista e l’artigiano, l’artista è una elevazione dell’artigiano”.Questo scriveva Walter Gropius, immaginifico architetto, leggendario primo direttore della scuola Bauhaus di cui, nel 2019, si festeggia il centenario della fondazione. Il contesto è quello di una Germania uscita dalla prima guerra mondiale in condizioni economico sociali disastrose, e di una nascente repubblica di Weimar che ha bisogno di rimettersi in piedi rapidamente. Il portato utopico di Gropius è servire l’“uomo nuovo” con la sua arte applicata, rilanciare un’idea di comunità attraverso l’arte, combinare diverse discipline artistiche e artigianali e adattare i progetti di design a dei nuovi processi di produzione standardizzati, a basso costo.La scuola Bauhaus è una comunità creativa di artisti artigiani dove docenti e allievi si mescolano senza problemi, dove l’armonia si basa sul disaccordo di tutti su tutto. Dove tra i docenti figurano artisti come Paul Klee e Vasilij Kandinskij, scultori come Oskar Schlemmer, dove non si insegna la storia dell’arte per non influenzare il presente con il passato. Una scuola che vuole formare una nuova classe di artigiani/artisti in grado di coniugare estetica e funzionalità, forti anche delle nuove prospettive date dall’industrializzazione. L’idea forte è: realizzare gli oggetti del futuro e gli edifici del futuro. La Bauhaus cresce guardando avanti, volendo dare un senso politico alle cose, idee nuove per una società migliore. Si studia ceramica, decorazione del vetro, teatro, falegnameria, tipografia, il tutto incardinato su un’idea di interdisciplinarietà ma evitando il rischio, sempre presente, di irrigidirsi e trasformarsi in dogma o canone.

Chiarezza, semplicità, minimalismo. È questa l’anima del Bauhaus, ovvero essenzialità nel design, utilizzo razionale di materiali combinato tecniche industriali che si traduce in eleganza delle forme. Un modello che rapidamente si diffonderà in tutto il mondo, dimostrando se ancora ve ne fosse bisogno l’universalità di quello stile. Pochi stili al mondo come il Bauhaus hanno avuto in architettura, ovviamente, ma anche nella moda, nel design industriale, nella grafica e nella tipografica, persino nel campo dell’istruzione. Cento anni dopo, le “Bauhaus ideas” sono più vive che mai e le celebrazioni del centenario sono un omaggio tutt’altro che commemorativo, sono piuttosto un aggiornamento ideale e concreto di quelle idee.

Tutti noi viviamo immersi tra oggetti che sono prodotti industriali, pensati e disegnati in base a funzionalità ed estetica. Il cellulare che abbiamo in mano, la sedia su cui siamo seduti, il pc davanti a noi, gli occhiali che indossiamo o la nostra auto parcheggiata in strada, tutto è industrial design. Questi oggetti condizionano non soltanto i nostri gusti ma le nostre idee, il nostro stile di vita, trasformano le nostre città, inducono a nuovi pensieri. Se hanno dunque un grande potere su di noi, ecco che il momento progettuale diventa decisivo. Partendo dalla natura dell’oggetto e dalle funzionalità ad esso richiesto. E che sia bello possibilmente, che ci faccia dire wow!

Quand’ero studentessa di Disegno industriale mi interrogavo sulle forme e sulle linee, provavo ad immaginare quali idee avessero ispirato il designer, provavo ad arrivare al nocciolo delle cose. Come UX designer oggi disegno esperienze d’uso utente, mi concentro sulla sua esperienza visiva e su come lui interagirà con un’interfaccia – grafica, vocale o umana- oppure con un’applicazione, un videogioco o un sito web. Il mio lavoro è immaginare il comportamento umano e rendere la sua esperienza più rapida ed efficace, o più piacevole, o più rispondente alle esigenze dell’utente e al suo modello mentale. Per questo sono convinta che la metodologia progettuale Bauhaus sia ancora viva e molto attuale, e sebbene operaimo su ambiti diversi e distanti temporalmente anche noi UX designer ci ispiriamo a quelle idee Bauhaus di chiarezza, semplicità, minimalismo. Loro si concentravano su forme e colori fondamentali tipici affinché fossero comprensibili a chiunque, noi ci concentriamo sulla centralità delle persone, sulla linearità ed essenzialità della loro esperienza d’uso. Loro facevano economia di spazio, materia, tempo e denaro, noi altrettanto. Loro sostenevano la necessità di creare modelli standard per gli oggetti d’uso quotidiano, noi proviamo a standardizzare dei percorsi. Bauhaus in italiano è “casa del costruire”, fu una grande scuola con una grande eredità, ideale e concreta. Un’eredità più che mai attuale.

Per saperne di più: www.bauhaus100.com

Ilaria Cafiso | UX designer thedotcompany